Percorsi elbani: la valle dei Mulini a Rio Elba

In vacanza all’Elba nella zona di Rio Marina, veniamo a conoscenza di questo “percorso” visitando il lavatoio pubblico di Rio Elba, all’interno del quale sono presenti una serie di tavole relative a numerosi mulini, con illustrazioni tratte dal libro di Pero Pierotti “La valle dei mulini: 22 mulini tra Rio Elba e Rio Marina : guida alla storia, al percorso, al recupero” (Pacini editore, 1993).

La Valle dei Mulini è situata tra Rio nell’Elba e Rio Marina. Essa prende il nome dai 22 mulini che erano presenti nel luogo. Tutti i mulini nella valle sfruttavano la Sorgente dei Canali che scorre da Rio nell’Elba a Rio Marina, i canali stessi vengono usati per una fonte di acqua potabile e nel lavatoio pubblico. I mulini sfruttavano una serie di cisterne che aumentavano la pressione dell’acqua. A differenza dei mulini tradizionali, quelli della valle usavano una serie di pale orizzontali sotto il mulino che, pur essendo meno efficienti, sono preferibili nelle situazioni in cui l’acqua scarseggia. L’acqua che passava per queste pale avrebbe fatto girare una macina che avrebbe triturato del grano e delle castagne per creare della farina. Una buona parte dell’acqua veniva, e viene ancora, usata per irrigare i campi.
(https://redazionenatura.it/portfolio-item/la-valle-dei-mulini/)

Incuriositi troviamo l’inizio del percorso, dove è presente una tabella illustrativa. Purtroppo scendendo lungo la via San Giuseppe, una sterrata carrabile, non è presente alcuna indicazione; è quindi solo grazie alla nostra osservazione e intraprendenza che riusciamo ad individuarne alcuni e a fare alcune fotografie.

Successivamente troviamo in internet la pubblicazione del Pierotti con un esame approfondito della storia e schedatura di ogni opificio, con molte illustrazioni, grazie a questa riusciamo ad identificare quelli direttamente osservati e fotografati.

In effetti sarebbe forse più utile percorrere il rio, le cui sponde ci appaiono pulite, per individuare meglio i singoli opifici.

Dobbiamo anche rilevare come il progetto di recupero non sia stato di fatto mai attuato, anzi i mulini e quel che ne rimane sono in un grave stato di abbandono e degrado. Si auspicherebbe che il comune di Rio, pur anche non riuscendo a stanziare risorse per i restauri, si attivi per tenere almeno pulite le zone, tagliando erba e vegetazione in eccesso, e indichi con qualche freccia l’ubicazione di ciò che si può ancora osservare e raggiungere – ad esempio presso il mulino della Vipera è addirittura presente una tabella illustrativa, ma chi la leggerà se non vi è indicazione alcuna per raggiungerlo? (noi lo abbiamo trovato notando una stradina e chiedendoci dove portava, così come altri).

Un articolo del 2003 de La Repubblica – a firma di Michela Gargiulo – parlava di questi mulini, ma da allora sembra che niente di quanto si pensava sia stato fatto, anzi, la valle dei Mulini sembra ripiombata nel silenzio e nell’abbandono. Un vero peccato  perché tutto il sito e la storia sono molto interessanti.

I ruderi dei vecchi mulini nuovo tesoro dell’ Elba

Una valle con ventidue mulini semplici, a pale orizzontali e una coppia di macine di granito. Tutti collegati ad un’ unica sorgente attraverso una rete di vasche e di canali. Strutture essenziali con un unico palmento. Arredi rigorosi: un caminetto, qualche mensola per poggiare gli strumenti, una bilancia, i ferri e gli attrezzi per le riparazioni. Ponti, colombaie, una chiesa e un mattatoio. Tutt’ intorno orti, vigneti e alberi da frutta. In quella valle i minatori diventavano mugnai e contadini. E’ solo una ricostruzione storica di inizio Ottocento. Oggi, a Rio nell’ Elba, nella valle dei mulini ci sono solo le tracce delle antiche strutture contadine. In mezzo ai rovi e ai canneti spuntano pochi ruderi di quei mulini a pale orizzontali che rappresentano una rarità nel quadro della cultura contadina toscana. Ne restano ormai solo una decina, abbandonati o trasformati. Gli altri sono stati distrutti. In fondo alla valle, nel versante della Piaggia, le testimonianze dell’ antica tradizione della macinatura sono state cancellate dalle abitazioni e dalla centrale dell’ Enel. «Bisogna recuperare questo piccolo patrimonio di cultura contadina. E’ un pezzo di storia del nostro paese». Catalina Schezzini, è il sindaco degli appena 900 abitanti di Rio Elba. Vuole trasformare la valle dei mulini in un ecomuseo. «Il progetto di recupero e valorizzazione c’ è già e anche il piano fattibilità – spiega il sindaco -. L’ obiettivo è chiaro: ripristinare il percorso di collegamento tra i mulini e renderlo di nuovo fruibile a residenti e turisti». Ma fino ad oggi? Piero Pierotti è docente di storia dell’ urbanistica all’ Università di Pisa. La valle dei mulini la conosce bene. Porta la sua firma una pubblicazione nata dai risultati di uno studio che gli fu commissionato dal Comune di Rio Elba, almeno dieci anni fa. Oggi racconta di quell’ esperienza, amareggiato. «L’ ente pubblico aveva commissionato un lavoro che per anni è rimasto nel cassetto. Mi fa piacere sapere che si torna a parlare di recuperare l’ intera zona e trasformarla in un ecomuseo. Mi chiedo perché tanto ritardo». Per lui la soluzione non è così lontana e un primo lavoro di valorizzazione di tutta la valle non rappresenta un enorme impegno finanziario. «Basta poco. E’ strano che nessuno abbia ancora trovato la chiave per restituire alla comunità quel patrimonio. Più volte è stata dichiarata la volontà politica ma a questa non sono seguiti i fatti». Nessuna polemica ma soluzioni. «Un lavoro attento di ripulitura intorno ai mulini, ai bottacci e ai canali fatto da professionisti, la riapertura dei vecchi sentieri, il ripristino delle coltivazioni. Soluzioni poco costose che potrebbero già trasformare la valle in un ecomuseo». I tempi politici però sono molto più lunghi. Dallo studio dell’ università di Pisa sono passati anni e nella valle la situazione è rimasta la stessa. I sindaci che hanno guidato il piccolo Comune riese hanno rispolverato più volte il progetto. Un passo avanti è stato fatto nel ‘ 99 quando, il parco nazionale dell’ Arcipelago toscano ristrutturò il primo mulino destinandolo a casa del parco e intervenendo sul recupero dei lavatoi e delle cinque sorgenti. Oggi il progetto riparte ma per il sindaco la strada è ancora in salita. «Dobbiamo fare i conti con i nostri bilanci – spiega Catalina Schezzini- il nostro è un comune piccolo e povero. La soluzione può arrivare da un finanziamento europeo, sono già andata a Bruxelles». In paese ormai sono rimasti pochi quelli che ancora raccontano la storia dei mulini. Amintore ha cento anni, passa le sue giornate sulle panchine di piazza del Popolo ma nel libro della sua memoria la valle dei mulini è stata quasi cancellata. «Me ne ricordo in funzione solo quattro o cinque. Poco grano e poca farina». Non dice altro e cambia discorso. «Se avessi sessant’ anni di meno vorrei fare l’ assessore ai lavori pubblici e sistemare le strade». Chi invece dei mulini sa tutto è Franco. Nella valle ha fatto un investimento e ora, insieme alla moglie, gestisce un agriturismo. «Mi ricordo l’ ultimo mugnaio, si chiamava Elbano. Aveva i capelli bianchi, i baffi e la faccia rossa sempre piena di farina» .
La strada che attraversa la valle è sterrata e piena di buche. Arrivare a quello che resta dei vecchi mulini è un’ impresa. Pochi i sentieri che si aprono in mezzo ai rovi e ai canneti. Guido conosce i nomi di tutti i vecchi proprietari dei mulini: Orzati, Schezzini, Paoli, Alessandri, Corsi, Pacini, Scalabrini. Racconta delle ultime macinature nel mulino dello Squarci, agli inizi degli anni ‘ 50, di quelle notturne e clandestine durante la guerra e degli asini che si arrampicavano lungo la valle, partendo da San Giuseppe.
Un ecomuseo? «Speriamo – dice Franco – questa valle e i suoi mulini sono una testimonianza unica della storia e della cultura di Rio Elba e se continua così, tra pochi anni, non resterà più niente». E quella di Franco è più di una speranza. Lui, il primo passo, l’ ha già fatto: in quella valle ha realizzato il suo agriturismo. Una soluzione semplice, come la meccanica dei mulini. Ha messo insieme storia, ambiente, cultura e risorse economiche e ha scelto un modello di sviluppo che ha un unico obiettivo: il turismo sostenibile.
(https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/10/19/ruderi-dei-vecchi-mulini-nuovo-tesoro.html)


Documenti fotografici

Le foto vecchie sono tratte dalla pubblicazione di Piero Pierotti, le foto attuali sono di Antonella Romagnoli, giugno 2021

Il Mulino Lanza

Il primo mulino che individuiamo scendendo dall’alto è il mulino dei Lanza (o della casa del Giardino), lo fotografiamo dalla strada ma è ben riconoscibile dal confronto con le vecchie foto.

 

 

 

Il Mulino della Vipera

Scendendo di poco, sulla sinistra della sterrata San Giuseppe notiamo un sentierino, lo imbocchiamo e arriveremo al Mulino della Vipera (o di Giovanni Squarci), dove è anche presente una tabella descrittiva.
L’edificio è a pianta irregolare e presenta sulla facciata principale due porte di accesso e una finestra, sulla parete est si trova il “carceraio” (locale in cui era posta la ruota dell​’acqua) coperto da una volta a botte e si intravede la bocchetta di uscita dell’acqua


 

 

 

 


 

 

 

 

Continuando per il sentiero si raggiunge una casa con intorno orti e coltivazioni. Alcuni di questi orti erano i “bottacci” di altri mulini.
Non la fotografiamo, ma la lettura del libro di Pierotti ce la fa individuare come la Casa delle Molinelle, attualmente sistemata e ingrandita, come possiamo vedere dall’immagine estrapolata da Google Maps.

 

 

 

 

Il Mulino dell’Orzati

Torniamo sulla strada San Giuseppe e poco dopo a sinistra notiamo altro sentierino che ci porta a una costruzione quasi del tutto avvolta dalla vegetazione: è il Mulino dell’Orzati.
L’interno è costituito da un solo vano suddiviso in due parti da un arco centrale ribassato in mattoni quasi completamente intonacato. Bellissimo.

Mulino dell’Opera o di Quirico

Dalla strada, al di là del rio, vediamo una bocca che ci fa pensare ad altro mulino. Il libro ci dice che era il Mulino dell’Opera o di Quirico.
Completamente distrutto nella parte fuori terra, occupata ora da orti.
Fu di proprietà dell’Opera di San Giacomo e San Quirico fino al 1985, quando passò al comune di Rio.

Chiesa delle Maestà e Mattatoio

Continuando lungo la Strada San Giuseppe arriviamo a due costruzioni, una addossata all’altra; di una rimangono le pareti rovinate.
Il confronto con le foto del libro ci dice che sono la chiesetta delle Maestà e l’ex mattatoio.

Il Mulino del Paoli

Una stradina laterale al mattatoio ci conduce in alcuni campi dai quali possiamo osservare altra casa che risulterà essere il Mulino del Paoli, con abitazione al piano primo.

La Chiesa di San Giuseppe

Arriviamo così sulla strada principale, in corrispondenza di una grossa casa con giardino recintato da un alto muro, casa che incorpora la chiesa di San Giuseppe.

 

 

 

 

 

Poco prima della casa con la chiesa di San Giuseppe si trova l‘agriturismo LA FATTORIA, con vendita diretta di vino Procanico, Sangiovese, Aleatico, olio e prodotti dell’orto.

L’azienda comprende 3 ettari tra vigneto e oliveto e vari appezzamenti di terra adibiti alla produzione di ortaggi di stagione che consente di avere sempre a disposizione prodotti locali e genuini.
Nella fattoria si possono ammirare gli animali allevati da Enzo e Giuliana: galline, conigli, capre, oche, germani, paperi, maiali. La sera è possibile visitarli in compagnia dei proprietari, dargli da mangiare e fotografarli. Noi compriamo vino e olio.

Il libro di Piero Pierotti

E’ leggibile on line qui https://www.mucchioselvaggio.eu/FOTO_C5/LA%20VALLE%20DEI%20MULINI/index.html

riporta tutta la storia e l’indagine di studio e catalogazione effettuata più di vent’anni fa, un documento preziosissimo.

 

 

 

 

 

 

La visita è stata effettuata il 9 giugno 2021.